Con Vinitaly e l’apertura dei tanti tavoli di discussione e confronto su tutte le sfaccettature del mondo vitivinicolo, è tornato a galla anche l’irrisolto problema della nascita e crescita dei vini dealcolati.
Si tratta di un prodotto sicuramente non tradizionale ma che sul mercato, specie internazionale, sta sempre più riscontrando un crescente successo e a cui le aziende vitivinicole italiane, almeno una parte di esse, guardano con interesse quale nuova opportunità di business.
Senza nulla togliere infatti alla tradizione del vino italiano, a molti pare poco lungimirante chiudere a priori la porta ad una fetta di mercato che probabilmente va a cogliere le esigenze di una target diverso da quello degli amanti del vino tradizionale, che il vino vero non lo berranno mai.
Federvini, guidata da Micaela Pallini ha chiesto un maggiore impegno e un cambio di rotta al governo sostenendo che ostacolare questo settore nascente significa rinunciare a un’opportunità che stanno già cogliendo tanti nostri vicini e competitori nel settore del vino.
Secondo i dati dell’Osservatorio Federvini, curato da Nomisma e TradeLab, rispetto al 2022, nel 2023 i vini senza alcol sono cresciuti del 16% nel consumo in bar e ristoranti e del 52% nei consumi casalinghi. Dati molto positivi anche all’estero, In Germania per esempio lo spumante dealcolato ha raggiunto i 60 milioni di euro di vendite ma anche tutti gli altri vanno bene per un totale di (+6% a volume e +17% a valore).
Micaela Pallini, presidente di Federazione italiana Vini si è dunque espressa contro Lollobrigida ministro dell’Agricoltura e contro il governo che di fatto ostacola questa opportunità e ha aggiunto: «Se non puoi fare il prodotto non ti puoi nemmeno sedere al tavolo di chi fa le regole. Inoltre, non possiamo apportare al prodotto i miglioramenti che verrebbero dalla ricerca».
