La rivoluzione genetica, che in tanti campi delle scienze sta modificando convinzioni acquisite da secoli attraverso l’analisi e il confronto del Dna, va ora a cambiare anche una convinzione che era radicata profondamente, ovvero quella che la coltivazione della vite, e la conseguente comparsa del vino, fossero iniziati nel Caucaso.
Ebbene era tutto sbagliato o meglio impreciso; a quanto pare i nostri antenati iniziarono a coltivare la vite e a produrre il vino più di diecimila anni fa nella zona delle attuali Palestina, Israele, Giordania e Libano.
La ricerca è stata pubblicata sulla importante rivista Science, e testimonia come i ceppi più simili ai nostri attuali vitigni siano quelli provenienti appunto da quelle aree. Le viti addomesticate nel Caucaso sarebbero invece le attuali progenitrici delle sole viti coltivate in Georgia e Armenia.
Imponenti i numeri della ricerca che ha visto l’analisi di quasi 2500 genomi provenienti da viti di 16 Paesi diversi, lavoro che ha coinvolto 89 ricercatori di 23 istituzioni nazionali e internazionali; a capo del progetto un ricercatore della China Yunnan Agricoltural University.
A partire da quattro ceppi di vite selvatica sono stati identificati sei gruppi di viti da tavola nell’asia occidentale; momento cruciale per la divisione delle viti selvatiche fu circa 500.000 anni fa, in chiusura di una glaciazione, quando si originarono tutti i diversi tipi selvatici, che poi circa 11.000 anni fa, più o meno in contemporanea, furono addomesticate e iniziate a coltivare sia nel vicino Oriente sia nel Caucaso.
Furono però i ceppi coltivati nel vicino Oriente, ed ecco la scoperta impensabile se non attraverso le certezze della genetica, che ebbero il maggior successo e si diffusero prima verso est fino a Cina e India e poi rientrarono verso Ovest attraverso Iran, Iraq e Anatolia e si radicaroni in Europa. E fu così che uomini e viti diedero origine alla differenziazione delle infinite varietà di oggi e alla cultura della vinificazione.