HomeCuriositàMoscow Mule, Americano, Daiquiri, ecco perché si chiamano così

Moscow Mule, Americano, Daiquiri, ecco perché si chiamano così

Quante volte hai ordinato (o ti sei preparato) un Americano, un Moscow Mule o un Daiquiri?

Tre cocktail famosissimi. Ma ti sei mai chiesto perché si chiamano così? Te lo sveliamo in questo articolo.

Sì, perché – l’abbiamo sottolineato più volte – i nomi dei drink sono spesso frutto di storie, episodi e aneddoti interessanti e curiosi, che vale la pena scoprire per saperne un po’ di più su quanto beviamo all’aperitivo. Ecco dunque le origini dei nomi di Moscow Mule (“mulo di Mosca” in inglese), Americano e Daiquiri.

Moscow Mule

Nonostante il riferimento alla capitale russa, il Moscow Mule è nato negli Stati Uniti, per la precisione a Los Angeles. La “citazione” di Mosca è legata alla vodka, uno degli ingredienti fondamentali di questo cocktail. La cui creazione, nel 1941, è da attribuire a Jack Morgan, proprietario del famoso bar di Hollywood Cock’n Bull, e John Martin, ai tempi importatore di vodka Smirnoff. Quest’ultimo era in difficoltà a causa della scarsa popolarità, nell’America anticomunista, di tutto ciò che avesse a che fare con l’Unione Sovietica. E Morgan aveva in magazzino una gran quantità di ginger beer, una bibita analcolica a base di zenzero, che non riusciva a vendere.

Non si sa a chi, fra i due, venne l’idea, ma miscelando i due ingredienti trovarono la soluzione ai rispettivi problemi. Ma che c’entrano gli asini (“mule”)? Due sono le leggende. La prima racconta che ai due si fosse unito un terzo imprenditore che, dovendo smaltire una scorta di tazze mug di rame con incisa l’immagine di un mulo, propose di servire il nuovo cocktail proprio in questi recipienti. In base a un’altra versione, invece, le prime persone che assaggiarono il drink commentarono che “scalciava come un mulo“, per il suo gusto pungente.

Americano Americano

Altro nome “fuorviante”, visto che l’Americano non è di origine americana bensì italiana. E’ una variazione del classico Milano Torino (composto da vermouth di Torino e dal bitter milanese Campari), dal quale si distingue per l’aggiunta di soda. Le ipotesi sull’origine del nome sono diverse. Secondo alcuni, l’Americano sarebbe nato attorno al 1860 al Bar Gaspare Campari di Milano, dove i turisti americani spesso chiedevano il Milano Torino con un’aggiunta di soda. Altri ritengono invece che il cocktail fu creato a tavolino negli anni ’30 del ‘900, nell’ambito di una campagna di marketing della Martini & Rossi per sostenere le esportazioni del suo vermouth negli Stati Uniti.

Secondo una leggenda molto citata in passato, ma priva di fondamento, il cocktail sarebbe stato creato nel 1933 in occasione della vittoria del titolo mondiale di pugliato Pesi Massimi da parte di Primo Carnera al Madison Square Garden di New York, contro l’americano John Shirley. In realtà, la ricetta dell’Americano compare su alcuni testi pubblicati diversi anni prima.

Piuttosto, diamo credito all’autorevole storico Fulvio Piccinino che, nel suo Saperebere, cita la monografia sul vermouth di Torino pubblicata nel 1906 da Arnaldo Strucchi, in cui si parla fra l’altro del vermouth al bitter. Si trattava di una preparazione in bottiglia prodotta da molte aziende, detta anche “Americano perché negli Stati Uniti si ha l’usanza di bere vermouth mescolato con liquori amari e gin (whiskey) formando una bibita chiamata cocktail”.

Per la cronaca, dall’Americano derivò attorno al 1919 il Negroni, grazie al conte fiorentino Camillo Negroni, ma questa è un’altra soria che raccontiamo qui.

Daiquiri

In questo caso nome e località di nascita coincidono. La nascita del Daiquiri risale al 1898, poco dopo la vittoria degli Stati Uniti nella guerra ispano-americana per il controllo di Cuba: un ingegnere di nome Cox, che lavorava in una miniera vicina alla cittadina cubana di Daiquiri, in vista della visita di un alto dirigente della società proprietaria decise di realizzare un cocktail di benvenuto coadiuvato da un altro ingegnere, tale Pagliuchi. A disposizione aveva rum bianco, zucchero di canna e lime. A quanto pare, i due ingegneri fecero un ottimo lavoro: il drink piacque molto.

In base a un’altra versione leggermente diversa, riferita anni dopo dalla nipote di Cox, sembra che quest’ultimo, appassionato di distillati e di miscelazione, avesse terminato la sua riserva personale di gin; dovendo ricevere nella miniera il signor Pagliuchi e altri colleghi, non fidandosi di servire del rum liscio, elaborò la ricetta di questo cocktail. Quale che sia la storia reale, il drink prese il nome della località in cui ebbe origine, nota anche per la sua bellissima spiaggia.

Leggi anche:

Aperitivo con testicoli di scimmia? Perché Monkey Gland, Boulevardier e White Lady si chiamano così

Stefano Fossati
Stefano Fossati
Redattore del tg Bluerating News, collaboratore delle testate economiche di Bfc Media, di Mixer Planet e naturalmente del Magazine ApeTime.

Aziende • Prodotti • Servizi

VINO

Dolce Salato