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Le bevande tradizionali del Bielorussia

Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata ai prodotti tipici di tutto il pianeta: nella precedente tappa il viaggio si trovava in Bhutan, dove il riso, la cui coltivazione rappresenta una delle voci più importanti per l’economia locale, costituisce la base di una bevanda con una storia plurisecolare.

Questa settimana il tour cambia continente e approda in Europa orientale, per la precisione in Bielorussia, Paese il cui nome è di origine sconosciuta: il termine, infatti, significa ‘Russia bianca’ e l’aggettivo potrebbe derivare dal colore tipico degli abiti tradizionali, o da quello molto chiaro dei capelli oppure da una storpiatura del lituano dove ‘Balt’ significa ‘bianco’.

Riferendosi a questo territorio, non si può non parlare della millenaria storia del ‘kvass’, ovvero della bevanda fermentata a base di pane nero o di segale che ancora oggi è una dei prodotti preferiti dai bielorussi specie nei mesi estivi per le sue qualità rinfrescanti e dissetanti.

Le sue origini sono avvolte nel mistero, anche se tracce di una primordiale versione possono essere trovate in tempi remoti, a cominciare dall’antico Egitto. Nel V secolo a.C. invece Erodoto menzionava una bevanda chiamata ‘Zyphos’: veniva preparata lasciando delle croste di pane in ammollo e la fermentazione risultante dava vita ad  un prodotto alcolico molto simile.

Non mancano inoltre racconti popolari circa la sua nascita: uno dei più noti narra che la ricetta sia frutto dell’errore di un contadino che cercò di ricavare una farina dal grano bagnato. L’agricoltore provò a preparare del pane, ma senza successo: ottenne invece il malto che, con l’aggiunta di un po’ di acqua, fermentò dando vita al primo kvass della storia.

pane e bevande

Sembra quindi che, originariamente, venisse preparato in varie parti del mondo: in seguito però, a causa di una combinazione di diversi fattori (come la disponibilità di una vasta gamma di ingredienti e condizioni climatiche favorevoli) ha messo radici qui diventando una delle bevande tradizionali locali per eccellenza.

La prima menzione scritta del kvass in queste terre ad essere giunta fino a noi risale ad una cronaca del 996: per ordine del principe Vladimir, i cristiani appena convertiti venivano accolti con ‘cibo, miele e kvass’. Oltre dieci secoli di storia nel corso dei quali i bielorussi hanno creato molteplici ricette della bevanda:  dolce, acida, densa, frizzante, alla menta, con l’uva passa, alla mela, alla pera, al miele, al pepe, al rafano.

Per questo motivo, all’inizio del XIX secolo, ne esistevano più di mille tipologie, fra le quali quella maggiormente diffusa e apprezzata (come ancora oggi) era quella a base di barbabietola che viene realizzata con o senza lievito: il secondo è il metodo più antico e richiede una fermentazione più lunga di cinque giorni.

La tecnica per la preparazione è molto semplice e veloce, motivo per il quale questa tipologia di kvass viene spesso realizzata soprattutto in estate per combattere la sete. Occorre una barbabietola da zucchero abbastanza grande e ben matura: la tipologia scura, in modo particolare, garantisce un risultato migliore.

Come primo passaggio, la pianta viene passata in forno all’interno di una pentola di ghisa per alcune ore, finché non assume una consistenza simile a quella delle prugne secche: viene quindi messa a bollire per alcune ore in modo da ottenere un decotto molto consistente.

Bisogna prestare particolare attenzione a scegliere acqua di buona qualità: oggi l’ideale è usare quella di fonte o di bottiglia, mentre se si usa quella dell’acquedotto deve essere priva di cloro. Le barbabietole cotte, successivamente, sono riposte in un contenitore, preferibilmente di argilla (il kvass preparato in una brocca di terracotta ha un sapore migliore rispetto a quello conservato nel vetro).

La brocca, inoltre, deve essere riempita in modo tale che in superficie rimanga un po’ di spazio, che è necessario per la fermentazione e deve essere aggiunta un po’ di patata bollita grattugiata che servirà come fermento: questo ultimo passaggio è indispensabile soprattutto nella ricetta che non prevede l’utilizzo del lievito.

Il kvass deve infine rimanere in una stanza calda per 4-5 giorni, ovvero fino a quando sulla superficie non smette di formarsi una schiuma molto densa che deve essere periodicamente rimossa dal contenitore: a questo punto bisogna filtrarlo con una garza per ottenere il prodotto finale che si presenta di color rubino con un aroma piacevolmente acido.

Mentre questa tipologia di kvass oggi viene proposta anche da diversi produttori bielorussi che, durante i mesi estivi, la vendono in appositi chioschi dislocati nei mercati di diverse città e paesi, una delle versioni più rinomate in passato era quella conosciuta come la bevanda bianca ai sette malti.

Il suo primo nome, “shti“, deriva dall’antica parola russa e slava “S’ti” che significa bevanda nutriente e fermentata, ma anche zuppa condita con cavolo e altre verdure: viene prodotta utilizzando diversi tipi di farina che vengono mescolati con acqua bollente e lasciati raffreddare per qualche ora.

Successivamente, si aggiunge acqua fredda, si lascia decantare, si filtra attraverso  un setaccio e si versa in un barile: al liquido che inizia a fermentare vengono aggiunte uva passa e/o zucchero per aumentare la saturazione di anidride carbonica. Una volta effettuato questo passaggio, la bevanda viene versata in bottiglie dove continua la sua fermentazione e, dopo cinque giorni, può essere degustata.

Il kvass, quindi, è il prodotto bielorusso per eccellenza, al quale, nel corso dei secoli, se ne sono affiancati altri, come il ‘med stavlenyj’ a base di miele e bacche rosse e il ‘poza’ realizzato con malto di segale e cereali quali  miglio e grano saraceno, entrante anch’essi a far parte delle tradizioni locali.

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Nicola Prati
Nicola Prati
Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.

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