Fase 2 coronavirus, rabbia e sconcerto tra gli imprenditori del fuori casa
Non cambia -quasi- nulla. Così dopo la conferenza stampa del presidente del consiglio Giuseppe Conte tenutasi domenica 26 aprile, tra i titolari dei bar cresce il malumore
E non stupisce perché Conte non ha detto praticamente nulla, se non di volere mantenere, fino a quando non ci sarà un vaccino, l’obbligo del distanziamento sociale e il divieto di ogni tipo di assembramento.
Il che significherebbe, ad andare bene, altri dodici mesi di isolamento sociale. Ci chiediamo chi vorrà andare a bersi un cocktail, se non sarà possibile vivere la serata in compagnia. E l’effetto ritorno a scuola, lo vogliamo considerare? I bimbi dovrebbero tornare sui banchi a settembre. Insomma, proprio quando ricominciano a dilagare le influenze. Così, c’è il rischio che le scuole aperte ci riportino nuovamente alla fase 1.
Già, perché il nostro Premier ha già messo avanti le mani: se nascessero nuovi focolai, dovremo richiudere tutto. Ottimo.
E per ora non c’è uno straccio di proposta alternativa a quella dell’isolamento prolungato.
Molti lo continuano ad appoggiare, ma cresce il numero di chi inizia a pensare qualcosa tipo: “La salute prima di tutto, certo. Ma questa non è più vita per nessuno. Davvero non è possibile affrontare l’emergenza in altro modo?”. Nel mentre, gira la notizia che anche le Olimpiadi 2021 sono a rischio.
LE OPINIONI
“Non è accettabile da parte del governo questo continuo procrastinare un piano chiaro di modalità di riapertura dei pubblici esercizi. Occorrono informazioni chiare per valutare se sono praticabili ed eventualmente contestarle”, osserva Davide Vitale, titolare de La Pesa Pubblica di Milano.
“Se il governo non cambia strategia per contenere il covid-19 ogni ipotesi di apertura di bar, ristoranti e hotel mi sembra utopica.
Non ci sono le condizioni per riaprire. Le idee circolate in questi giorni sono impraticabili. Primo, perché non sostenibili dal punto di vista economico. Secondo, perché anche l’atmosfera è importante in un locale. Ma chi avrebbe voglia di andare a cena o al bar in un locale ospedalizzato, magari trovandosi a parlare una distanza maggiore di quella che avrebbe a casa? Dovrebbero farci restare chiusi, stanziando degli aiuti seri e mantenendo in cassa integrazione i dipendenti“, afferma Cinzia Ferro, barlady proprietaria di Estremadura Cafè di Verbania.
Ma il tema finanziamenti è un tasto super dolente. “Un altro grande bluff riguarda il finanziamento di 25 mila euro annunciato a sostegno delle piccole imprese. Non è una garanzia per l’imprenditore, anzi. Se non paghi per difficoltà momentanee anche solo rata, salta tutta l’operazione e finisci all’indice nella lista delle imprese cattive pagatrici. Quindi, possono pignorarti tutto. Che dire? Si proteggono sempre gli interessi della banca che anticipa i fondi, non l’impresa che li riceve. Noi rischiamo il fallimento, mentre l’istituto di credito è sicuro di recuperare la somma prestata“, commenta una ristoratrice milanese di seconda generazione, titolare della prima pizzeria aperta sul Naviglio Grande a Milano, quando ancora il quartiere era povero e verace.