HomePassione BarmanDiventare Bartender: l’abc della miscelazione

Diventare Bartender: l’abc della miscelazione

Sai che differenza c’è tra barman e bartender? E che temperatura raggiungono i drink se sono shakerati o stirrati? E ancora… Ecco L’ABC della miscelazione.

Non sei ancora un barman, ma sogni di lavorare dietro a un bancone? Leggi Passione Barman, questa nuova rubrica che tra regole base, consigli e segreti sulla miscelazione ti aiuta a muovere i primi passi con maggiore consapevolezza e a distinguerti nel settore.

miscelazione, bartender Per cominciare col piede giusto il lavoro del bartender o del barman/barlady, è fondamentale sapere che queste due figure non svolgono le stesse mansioni, ma hanno ruoli e competenze ben diverse. Il termine bartender è stato coniato negli USA, e pertanto si riferisce alla persona che compone cocktail con tecniche di versaggio e miscelazione chiamate freestyle, ovvero stile libero, con le quali si compongono molti cocktail al minuto senza però trascurare la qualità; il barman invece è colui che prima di tutto cura il servizio ed il cliente in ogni suo aspetto, ha una cultura della materia che tratta molto ampia e approfondita, e compone cocktail con assoluta precisione, facendo uso di attrezzature di precisione come il jigger. Inoltre, il bartender ed il barman utilizzano unità di misura differenti per calcolare la quantità di liquidi da versare nei cocktail, il primo conta in once all’americana, mentre il secondo in centilitri o sotto-misure.

E ora capiamo quali sono le regole fondamentali per una impeccabile miscelazione, imprescindibili per fare un buon cocktail.

tecnica
Luca Manni, bar manager del Move On di Firenze

In primo luogo è importante considerare il ghiaccio come ingrediente fondamentale per ogni cocktail, e quindi sfruttarne le sue proprietà, la temperatura e l’acqua di cui è composto. Oltre ad essere fondamentale per il mantenimento e il raffreddamento preventivo dei bicchieri di servizio e delle attrezzature di miscelazione, il ghiaccio permette di servire il cocktail alle temperature desiderate in base alla sua tipologia: ad esempio con una shakerata ben eseguita si raggiungono temperature vicine a 0°C, mentre con un semplice stir si arriva al massimo a 6 – 8°C. Oltre alla temperatura di servizio è fondamentale valutare la diluizione che il ghiaccio regala al cocktail, con la quale lo si rende più o meno “forte” in termini di alcolicità, e di conseguenza questo fattore influenza la facilità di bevuta dello stesso.

Inoltre, è opportuno distinguere i cocktail secondo alcune classificazioni, divise per esempio sulla base del momento della giornata indicato per la loro degustazione, tra cui si trovano i cocktail pre-dinner, gli after-dinner e gli any-time, rispettivamente serviti per aperitivo, dopo pasto e ad ogni momento della giornata. Secondo questa distinzione è importante comprendere quali sono i cockatil più indicati alla funzione scelta e quali caratteristiche devono avere per poterli proporre ad un cliente nella giusta occasione.

Per aperitivo si servono tutti quei cocktail con proprietà eupeptiche, ovvero che stimolano le pareti dello stomaco, così da indurre il senso di appetito e preparare lo stomaco al pasto. Queste caratteristiche sono date dall’utilizzo di bitter, vermouth, vini, spumanti o altri prodotti simili e amaricanti nella composizione del cocktail, più famoso tra tutti è l’Americano.

I cocktail after-dinner, invece, devono avere proprietà digestive e possono essere serviti in sostituzione al dessert, poichè contengono liquori densi, creme, caffè, amari, panna, distillati o prodotti prettamente digestivi e da degustazione come Whisky, Brandy, Cognac, Armagnac e Grappa, un esempio comune è l’Alexander.

Per finire, i cocktail any-time sono i più versatili, quelli che si possono servire ad ogni ora della giornata, solitamente freschi, dissetanti e di facile bevuta, un esempio molto conosciuto è il Mojito, che nella bella stagione spopola su tutte le spiagge dalle prime ore dei pomeriggi più soleggiati.

Paloma

L’altra divisione che è importante tenere in considerazione è dettata sulla base della quantità di prodotti da cui è composto ogni cocktail:

  • Short drink dai 7 ai 9 cl (2-3 oz)
  • Medium drink dai 10 ai 14 cl (3-5 oz)
  • Long drink dai 15 cl in poi (6+ oz)

Ma sono decine e decine le famiglie di cocktail. Tantissime quindi le ricette da cui poter prendere spunto e creare centinaia di varianti per sorprendere il proprio cliente.

Questi ultimi due accenni sono fondamentali per comprendere a pieno le regole di base della miscelazione, e per questo te ne parlerò nei prossimi articoli…stay tuned!!

Roberto Radaelli
Roberto Radaelli
Bar manager & fondatore di Alchimista. Da anni nel settore dei bar e della ristorazione, ho deciso di approfondire il curioso mondo dei cocktails e della miscelazione. Grazie a questa passione ho avviato un’accademia professionale per barman e una società di consulenza, per trasmettere e tramandare con i miei collaboratori, tutti i segreti e le conoscenze apprese durante questi anni di studio, ricerca e lavoro, e quello che banalmente ed erroneamente molti chiamano Mixology. Preparazioni homemade, cucina liquida e food pairing, dagli sciroppi ai bitter, merceologia di settore, oltre agli innumerevoli liquori e idroalcolati che si possono creare con le spezie, frutta e verdura che la terra ci mette a disposizione.

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