Un viaggio tra i sapori autentici del paese sudamericano
La scorsa settimana il viaggio alla scoperta dei prodotti tipici di tutto il pianeta si trovava in Danimarca, un territorio al quale si lega indissolubilmente la storia della birra, che qui veniva realizzata fin dal 1370 a.C. come dimostrano alcuni reperti archeologici risalenti all’Età del Bronzo. Qui, inoltre, come negli altri Paesi scandinavi, hanno vissuto i Vichinghi, una delle popolazioni del passato presso la quale le antenate delle moderne birre hanno rivestito un ruolo culturale di maggiore importanza: questo non avrebbe non potuto influenzare chi in seguito avrebbe abitato questa terra.
Il nuovo appuntamento con la rubrica vede il tour cambiare nuovamente continente e approdare in Ecuador: affacciato sull’Oceano Pacifico, racchiuso tra Colombia e Perù, è attraversato dalla linea dell’Equatore (che passa vicino alla capitale Quito), da cui deriva il suo toponimo.
Ecuador: una nazione tra natura e cultura
Una Nazione che presenta primati di tutto rispetto e di grande importanza: dal 2008, ad esempio, tutte le entità naturali (qui vivono più di 2mila specie di piante e oltre 1500 tipologie di animali) godono di diritti legali. Un impegno scaturito, soprattutto, dalla presenza di un tesoro di inestimabile valore: le isole Galapagos.
La grande varietà ambientale e la sua biodiversità fanno in modo che sia tra le 17 nazioni denominate ‘megadiverse’ dato che ospita gli ecosistemi più disparati: dalle coste tropicali all’impenetrabile foresta amazzonica fino ai paesaggi mozzafiato delle Ande. Una ricchezza che si ripercuote positivamente anche sul panorama delle bevande tradizionali ecuadoregne.
Il Miske: il distillato nazionale dell’Ecuador
Quella più simbolica è il Miske, il distillato nazionale dal sapore dolce e complesso che si ottiene dalla doppia distillazione della linfa dell’agave andina: una pianta vitale per le popolazioni indigene dell’Ecuador dato che, da sempre, con essa si approvvigionano e le radici schiacciate di alcune varietà vengono utilizzate per lavarsi i capelli o, una volta colorate con la cocciniglia, per creare dei tessuti.
A partire dall’epoca coloniale, il Miske è stato denigrato ed a lungo visto come “l’acqua degli indios” o “l’acqua dei poveri” e la sua importanza nella cultura ecuadoriana ha cominciato a svanire, così come il mestiere del mishquero, ovvero la persona che si occupa dell’estrazione del nettare sapendo trovare il punto esatto di ciascuna foglia dove è meglio tagliare la pianta e con quale angolazione, per ottenere più linfa.
Questo fino a quando, pochi anni fa, alcuni nostalgici della tradizione hanno cominciato a diffondere nuovamente la produzione ed il consumo della bevanda. Uno su tutti è stato Diego Mora, il fondatore di Casa Agave a Quito: distilleria, museo e spazio turistico, oggi è il principale centro di diffusione del Miske in Ecuador e ha grande parte del merito di aver fatto ottenere al prodotto la denominazione di origine ecuadoriana nel settembre del 2022.
Come viene prodotto il Miske?
Per realizzare il distillato, come prima cosa, la pianta deve avere almeno dieci anni, dopodiché, per ottenere il liquido, la si taglia solo al centro: se ben lavorata e ben trattata, in condizioni climatiche ottimali, fornirà dieci litri di succo al giorno per quaranta giorni consecutivi.
La linfa viene raccolta in un recipiente: inizia quindi la fase d’invecchiamento che dura dai 6 ai 12 mesi. Quando sulle foglie si notano delle macchie, si procura una cavità nella parte superiore della pianta, dove si concentra la linfa o aguamiel, di colore bianchiccio e sapore dolce (questa fase viene chiamata picazon o “prurito”).
Dopo quattro giorni, cominciano a prodursi delle escrescenze che vengono raschiate via per favorire la fuoriuscita di altro nettare da cui ottenere il superalcolico. Il liquido, successivamente, fermenta spontaneamente: viene quindi distillato due volte e, nel caso del Miske reposado, è lasciato invecchiare all’interno di botti di rovere per tre mesi prima di essere imbottigliato.
Il Canelazo: il punch tradizionale delle Ande
Un’altra bevanda tradizionale dell’Ecuador, che si consuma calda, è il Canelazo, originario della regione dalla Sierra. Si tratta di una specie di punch che viene preparato in casa e poi venduto per strada durante le feste popolari e religiose, soprattutto quelle che si svolgono nella capitale Quito.
La ricetta prevede l’impiego dell’aguardiente (un distillato ottenuto dalla canna da zucchero) che viene unito a dell’acqua bollita insieme a della cannella, dando al liquido un colore marrone scuro. Successivamente, si aggiungono alcune erbe aromatiche come i chiodi di garofano e dell’estratto di limone.
Esiste anche una versione analcolica, conosciuta con il nome di naranjillazo, che si prepara sostituendo l’aguardiente con il succo dei frutti della naranjilla (in italiano: “piccola arancia”), noto per essere ipervitaminico e dal sapore simile al pomodoro.
Altre bevande tradizionali dell’Ecuador
Il territorio ecuadoregno presenta anche altri liquori tradizionali realizzati tramite la distillazione della canna da zucchero:
Pájaro Azul: originario della regione di Bolivar, è una bevanda caratterizzata da foglie di mandarino, erbe, anice stellato e ananas. Alcuni sostengono che tra gli ingredienti ci sia anche un insolito brodo di gallina.
Norteño: un liquore a base di sciroppo di anice, caratteristico delle province del nord da cui prende il nome.
Chicha: una bevanda a base di mais fermentato, torbida e acidula, con una schiuma densa in superficie. È una delle icone di tutto il Sud America.
Un viaggio nei sapori unici dell’Ecuador
L’Ecuador, con la sua straordinaria biodiversità e la varietà dei suoi ecosistemi, offre una gamma incredibilmente ampia di bevande tradizionali. Alcune di queste, come il Miske, hanno rischiato di scomparire, ma grazie all’impegno di produttori locali, stanno vivendo una nuova rinascita.
Dai distillati antichi ai punch aromatici, ogni bevanda racconta una parte della storia e della cultura di questo affascinante Paese sudamericano. Un viaggio tra sapori autentici che meritano di essere scoperti e valorizzati.
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Classe 1981. Subito dopo la maturità classica, inizia a collaborare con la ‘Gazzetta di Parma’ (2000): una collaborazione giornalistica che durerà otto anni. Contemporaneamente, dal 2005 al 2008, fa parte dell’ufficio stampa del Gran Rugby Parma. Successivamente, fra le altre esperienze lavorative, quella nell’ufficio comunicazione interna di Cariparma Credit Agricole e nella direzione relazioni esterne del gruppo Barilla. Le sue due più grandi passioni sono tutti gli sport e la musica. A queste, si aggiungono la lettura, i viaggi e la cucina. Collabora con ApeTime da gennaio 2021.